Un gioco senza regole: come vivere in un sistema dove regole e norme non sono più efficace?
Prof. Gianfranco Lizza — Former full professor of Political and Economic Geography at the “La Sapienza University” in Rome and Director of the Master’s Program in Geopolitics and Global Security
Non credo che l’esistenza e la sopravvivenza umana volga verso uno scenario senza regole.
Le regole soprassiedono la nostra esistenza, i diritti umani, le relazioni tra i popoli, gli scambi commerciali e il progresso della scienza e le diverse confessioni religiose. Esse continueranno ad essere applicate e cambieranno continuamente in funzione di nuovi interessi e problemi economici, dello sviluppo culturale e tecnologico e delle condizioni sempre più precarie del nostro pianeta a causa del suo dissennato sfruttamento ed inquinamento a cui dovremo necessariamente abituarci.
E’ innegabile che Io sviluppo delle comunicazioni in tempo reale, la velocità dei trasporti, la disponibilità di nuove materie prime e fonti energetiche, il potere derivato dal possesso di armi con capacità distruttive inedite cambieranno metodi e relazioni. Così anche l’adozione di nuovi modelli di consumo e, soprattutto, gli effetti persuasivi della propaganda politica ed economica, che già da tempo manipola i cervelli verso nuovi obiettivi. Saranno questi che detteranno le nuove regole. Cambieranno le regole sociali della convivenza umana. L’uomo influenzato dai progressi dall’intelligenza artificiale non sarà più lo stesso. In un certo senso l’uomo è già fuori della storia ma non può vivere senza regole. Anzi il post modernismo ne creerà di nuove perché quelle vecchie non saranno più adatte ad un mondo completamente trasformato rispetto al passato. Saranno sostituite, rinnovate e verranno imposte con sempre maggior rigore.
Tuttavia, secondo il mio punto di vista il problema non sta nelle regole che cambieranno in simbiosi con lo sviluppo tecnologico della società del futuro e secondo il mondo che scaturirà dal cambiamento climatico. Perché il post modernismo ad ampio spettro tecnologico lentamente si approprierà della mente degli uomini e della loro esistenza reale costringendo tutti a nuovi modelli di vita. Unico differenziale credo possa scaturire dalla diversa capacità reattiva dei popoli alle condizioni imposte agli altri Paesi dalle regole e dai nuovi livelli standard di sviluppo tecnologico, culturale, economico e sociale raggiunto dai paesi leader. Perché non viviamo e non pensiamo tutti allo stesso modo. Inoltre, abbiamo confessioni diverse. Perciò, i popoli della terra che hanno vissuto e continuano a vivere in condizioni storico-fisico-ambientali dissimili dai Paesi leader, con possibilità economiche, tecnologiche, sociali e di benessere molto diverse, oltre ad avere maggiori capacità di sopportazione e resistenza alle difficoltà ed ai sacrifici, necessiteranno di più tempo per adattarsi alle nuove regole. In questa parte del mondo molto dipenderà dal livello di istruzione e sviluppo economico delle nuove generazioni che però a loro vantaggio sono più consistenti dei Paesi cosiddetti benestanti.
Supponiamo, per esempio, che i governi di tutti gli Stati della terra siano posti nella condizione di chiedere alle loro popolazioni sacrifici e privazioni a causa di sopraggiunti cambiamenti di diversa natura che richiedono nuove forme di convivenza e relazioni internazionali. Le singole nazioni come reagiranno dal punto di vista comportamentale socio- psicologico? È possibile che alcune, fiaccate dall’invecchiamento, dall’irrinunciabile media-buona qualità della vita siano più vulnerabili, meno reattive, più influenzabili, proprio da questo punto di vista, rispetto ad altre più avvezze alle privazioni, agli scontri armati, ed alla precarietà dell’esistenza? Come reagiranno gli uni rispetto agli altri?
Russi ed ucraini, per esempio, sono due popoli slavi avvezzi alla sofferenza da secoli di dominio, privazioni e costrizioni. Due popoli forti abituati al sacrificio ed a sopportare il peso dell’autoritarismo politico. Questa guerra che ci ha riportato indietro nel tempo, ed ai massacri del secolo scorso è psicologicamente vissuta in modo molto diverso tra chi sta dentro e chi sta fuori. Dovremo giungere all’uniformità delle regole per cambiarle completamente e farne di nuove. Ma per giungere a regole comuni di vita dovremo prima eliminare speculazione, egoismo e sopraffazione, odi e rivalse che continuano a spingere l’uomo nell’oscurità del suo passato nonostante evidenti segnali che solo cooperando sarà possibile dare un senso al nostro futuro. In tutti i casi il mondo non può vivere senza regole né oggi né ancor più domani di fronte al cambiamento della società ed alle mutate condizioni fisico-climatiche del pianeta.
Altrove, per esempio, in Afghanistan, nel Sud-Est Asiatico, in Palestina, in gran parte della martoriata Africa, senza contare coloro che continuano a vivere nei travagli di guerre e distruzioni nel Vicino e Medio Oriente, possiamo riscontrare livelli di sopportazione alle avversità molto più elevate rispetto a ciò che è ritenuto umanamente sopportabile nel mondo Occidentale. Quest’ultimo, oltretutto, risulta profondamente trasformato in questi ultimi decenni da lotte intestine della politica, dell’economia, della finanza, tarlato dagli interessi della criminalità organizzata e meno saldo di un tempo ai principi della fede cristiana. Comunque, nonostante tutto, grazie alle sue conquiste democratico-sociali, politiche, economiche e tecnologiche appare sicuramente adagiato su un medio benessere economico che lo rende meno reattivo alle avversità rispetto ai popoli che da tempo sono tuttora immersi in guerre visibili ed invisibili. Dunque le regole, comunque le si voglia chiamare, ci sono. Solo che a beneficiarne sono solo in pochi.
Ciò che intendo è che una parte del mondo continua ad essere in difficoltà e l’altra parte invece, grazie alle sue conquiste a tutti i livelli fino a quello delle armi più sofisticate, gode da tempo di una certa stabilità politica, economica e sociale che la rende meno propensa al sacrificio, alle privazioni e dunque più vulnerabile. La vulnerabilità comporta precarietà che spinge a dimenticare le regole dell’esistenza umana. Meno propensi al dialogo, alla diplomazia e più portati a risolvere i problemi con la violenza Non dobbiamo dimenticarci che la tecnologia, a cominciare dai cellulari, fino all’intelligenza artificiale ha trasformato la nostra vita che dal determinismo tecnologico sta passando a quello sociale.
Tutto ciò non può non essere fonte di profonda riflessione. All’apparenza semplice ma in realtà molto complessa. Perciò, la domanda resta: su quale strada si sta incamminando la nostra esistenza e con quali regole? Che possibilità abbiamo di convivere pacificamente senza contribuire all’addensamento di nubi sempre più oscure all’orizzonte? L’inverno demografico che caratterizza gran parte del mondo occidentale e fiacca la resistenza fisica e dunque anche psicologica renderà i suoi abitanti più inclini a dialogare o a chiudersi rispetto ai paesi poveri ma ricchi di giovani che vogliono emigrare in cerca di nuove prospettive di sviluppo? La globalizzazione tra l’altro ha accentuato le disparità sociali e ciò che sembra globalizzato da una parte è del tutto sfilacciato dall’altra. Capitali enormi ruotano prevalentemente tra latitudini e longitudini di antico corso lasciando buona parte del resto dell’umanità in attesa di un giorno migliore. Tutto questo è il derivato di regole che naturalmente cambieranno col tempo.
Mentre l’ansia di non perdere le posiziono acquisite si appropria sempre più del mondo occidentale generando vulnerabilità e debolezza, la rassegnazione, l’abitudine alle difficoltà nel resto del mondo si trasforma invece in forza di volontà. Mentre l’Occidente invecchia il resto del mondo si moltiplica. La Cina, un tempo povera è divenuta la principale contendente degli Stati Uniti sulla scacchiera internazionale. Certamente, i cinesi hanno una capacità di sopportazione alle difficoltà consolidata nel tempo, giacché come i russi non hanno la possibilità di pensare, fare e dire cose che non siano in linea con il pensiero autocratico. La Cina è in cerca di nuove conquiste laddove è possibile ottenerle a scapito del potere occidentale e secondo le sue regole forte di una demografia e di uno sviluppo tecnologico in continua crescita. Non ci sono altri Stati sulla sua stessa strada tranne l’India, sia per l’imponente sviluppo demografico che sta per superarla, oltre che tecnologico, sia per la nota adattabilità alle privazioni.
Dunque, non dovrebbero esserci dubbi sulla discriminante relativa alle regole sociali e morali tra le popolazioni del pianeta, prescindendo dalle capacità tecnologiche e facendo riferimento prevalentemente alla qualità dei tempi trascorsi che ha forgiato caratteri e resistenza alle avversità. La storia ci insegna che il declino di imperi e regni inizia in genere all’apice del benessere. Certo le cause possono essere diverse, alcune non scientificamente dimostrabili, per l’intervento di variabili non analizzabili, tuttavia, benché la questione rientri in un contesto piuttosto complesso è possibile che le tradizioni, i trascorsi, le abitudini, il carattere, l’età media, in una parola tutte le reazioni possibili a grandi difficoltà possano essere differenti tra le popolazioni del pianeta proprio perché le regole dell’esistenza sono diverse.
Inoltre, se queste difficoltà si prolungano nel tempo, posta la differente capacità di adattamento alle avverse circostanze, possono segnare l’inizio di un declino, oppure anche di una ascesa, com’è avvenuto in Cina, cioè secondo le capacità reattive delle popolazioni stesse. Se ciò risponde al vero è certo che in queste situazioni l’eventuale stato di debolezza psico-fisica di una nazione, comunque, militarmente potente tenderà all’uso di tutta la tecnologia disponibile per allontanare nel più breve tempo disponibile il rischio della decadenza. E questa è la regola fondamentale.
Virtuale vs reale: cosa prevarrà e perché?
Sono convinto che il virtuale sostituirà non totalmente ma in buona parte il reale. Non c’è soluzione di continuità ad uno sviluppo tecnologico che deve procurare lavoro, cibo e crescita economica ad una popolazione mondiale che entro l’anno raggiungerà gli otto miliardi. Le generazioni future vivranno considerando normalmente reale ciò che invece per noi ora è solo frutto del digitale. Naturalmente, questa trasformazione della società sradicherà gli esseri umani dalle loro tradizioni ed esperienze passate rendendoli diversi da ciò che siamo. Le convenzioni identitarie entreranno in crisi interiorizzando una nuova conoscenza che formerà una nuova coscienza. La digitalizzazione che rende l’uomo profondamente dipendente dalla macchina e suo prigioniero spingerà, inoltre, verso controlli che agiranno sempre più analiticamente sui singoli individui.
Questi sentendosi continuamente controllati agiranno nel tempo sempre più passivamente adattandosi progressivamente ed istintivamente alle nuove regole. Non è fantascienza ma la strada su cui stiamo già camminando che, oltretutto, ci rende concretamente vulnerabili su tutti i fronti e per tutte le attività umane perché perdiamo manualità e voglia di affaticarci a pensare. Certo il virtuale è bello, la digitalizzazione rende la vita più semplice, per modo di dire, ma basta un black out prolungato nel tempo per ritornare indietro nel passato. Nel buio tecnologico l’essere umano torna ad essere solo un animale. Completamente incapace di essere, fare, comunica re e trovare ciò che normalmente lo rende tanto sicuro di se stesso…
Nei tempi passati il ricorso all’uso della forza, per contrastare o imporre asseriti diritti o semplicemente il dominio su terre e popolazioni, avveniva più o meno lentamente nel corso degli anni, ed anche le guerre il più delle volte richiedevano tempi lunghi prima di concludersi. Oltretutto, riguardavano prevalentemente fino alla fine della prima guerra mondiale eserciti schierati l’uno contro l’altro; le popolazioni civili erano risparmiate per il dopo e poi non c’era la tecnologia di cui disponiamo ai nostri tempi per distruggere tutto. C’era il tempo di pensare, programmare, agire con la consapevolezza delle conoscenze di un tempo. Oggi è tutto il contrario. La velocità prima di tutto, la sostanza viene dopo. Il lavoro è cambiato e i neonati di oggi faranno un genere di lavoro di cui non abbiamo la più pallida idea. Il potere delle armi moderne, inoltre, spinge verso l’adozione di criteri sempre più avanzati per minacciare il proprio potere o semplicemente difendersi. Con la conseguenza che basta un errore grave perché si scateni il putiferio.
Sebbene la dissuasione nucleare conservi la sua importanza non può essere, tuttavia, l’unico criterio disponibile per vivere in pace. Come non è possibile che sia solo la violenza a risolvere le controversie, soprattutto, in campo politico ed economico. Oltretutto, i tempi per risolvere un conflitto si sono fatti troppo brevi e rischiosi; perciò, per tutti è inevitabile il ricorso ad altre forme di contrasto che definiscano i nuovi e più moderni approcci al potere. Potremmo definirle le conquiste intelligenti del futuro. Queste conquiste navigano indisturbate ventiquattro ore al giorno proprio nel mondo virtuale. Penso alle comunicazioni, di cui la propaganda costituisce l’aspetto essenziale attraverso i mass media, alle notizie vere o false sui social, alla pubblicità, alle immagini oppure al bombardamento ossessivo di fatti e commenti interpretati ad arte con obiettivi ed interessi tutti trasversali alla realtà.
Sono tutti incontri con una realtà simulata che con le sue immagini agisce come un tarlo nella mente dell’uomo. Questo è un concetto molto importante perché è legato alla manipolazione del cervello. Con il trascorrere del tempo i flussi di informazione attraverso le immagini virtuali tendono a trasformare nella mente degli individui la certezza delle loro convinzioni che via via intraprendono strade diverse da quelle originariamente intese.
Posto che i grandi poteri politici, economici e militari sono prevalentemente concentrati negli Stati Uniti, in Cina, nell’Unione Europea e nella Russia; che, la tecnologia ed il potere economico di cui dispongono questi Stati in tutti i campi operativi sono soverchianti rispetto a tutti gli altri Stati; che, non è possibile il ricorso a soluzioni definitive dei conflitti come nel passato; che, l’incremento demografico unito al depauperamento del pianeta già manifesta non solo nei Paesi emergenti fenomeni di ampia e profonda criticità, quali possono essere i moderni strumenti di conquista o di difesa? Intendo in senso prevalentemente economico, finanziario e politico. Inoltre, quali sono gli strumenti per salvare il nostro pianeta sempre più popolato ed ammalato?
La risposta sta proprio negli incontri virtuali, sul web, sui telefonini, nella televisione, cinema, social, chat, ecc.. Perché ricorrere alle armi o all’autoritarismo coercitivo quando è più duraturo e meno rischioso ricorrere alla forza della convinzione attraverso la propaganda ed al lento lavaggio del cervello?
Se è vero com’è vero che la popolazione mondiale passa gran parte del suo tempo davanti ad una schermo e che le immagini manipolano i cervelli, creano emozioni, reazioni e spingono verso comportamenti che senza la comunicazione virtuale non avrebbero avuto luogo scaturisce evidente l’incredibile potere dei motori di ricerca attraverso il web. Il virtuale si trasforma in reale, vediamo, parliamo, comunichiamo, sentiamo, ragioniamo divenendo noi stessi produttori e ricettori. La realtà è trasformata, il mondo è trasformato. Non c’è più bisogno del contatto fisico perché il virtuale è già dentro di noi.
La politica, i consumi, i modelli di vita corrono in tempo reale sugli schermi attraverso un bombardamento continuo ed inarrestabile. Quelli che già ragionavano poco non ragionano più. Gli altri subiscono passivamente e se vogliono sapere qualcosa devono prima passare un’infinità di step prima di arrivare a quello che interessa. Intanto la mente lavora dove i controllori delle notizie vogliono che lavori. Il virtuale ci porta a viaggiare gratis tra le vie del mondo, ci fa vedere ciò che i padroni del web vogliono che si veda oscurando tutto il resto.
I Paesi dove sono negati i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo fondano il loro impianto sociale su una rete interna che esclude ogni interferenza estera ed attraverso la propaganda, video, immagini e su tutti i mass media condizionano la mente delle masse per la realizzazione degli obiettivi governativi. Tutto ciò che è virtuale agisce, si muove, interpreta, consiglia secondo programmi prestabiliti ove nulla è lasciato al caso. Stesso discorso va fatto per le grandi multinazionali che usano la rete e tutto ciò che è virtuale per spingere le masse per acquistare al fine di essere, creando illusioni e benefici inesistenti. Conquistano mercati e manipolano la politica.
Insomma, il virtuale è come una favola che desta attenzione e crea ascolto. Lo possiamo paragonare ad un modo semplice per risolvere problemi complessi. Oppure a pochi cani pastore che convogliano un gregge di migliaia di pecore. E l’esempio è doppiamente calzante perché l’uomo sempre più passivamente tende attraverso il virtuale a farsi trascinare verso strade che non avrebbe mai percorso da solo. In massa sbagliamo e siamo portati a sbagliare.
Modelli e stili di vita, consumi e sprechi sono frutto di continui lavaggi del cervello in funzione di programmi di sviluppo ideati da pochi per masse di uomini sempre più in cerca di inesistenti certezze. Perché chi governa deve dare lavoro e cibo per tutti. Se sbaglia è il caos. Tutti i leader grandi o piccoli sostengono da sempre che il sacrificio di pochi vale la vita per i più che restano. Concetto che fa inorridire ma esiste.
Qual’ è dunque la via più indolore per governare, dirigere, sfamare masse di uomini che crescono in continuazione benché il tasso di natalità stia scendendo ovunque? Qual è il modo migliore per contrastare la crescente scarsità di acqua potabile, la desertificazione di grandi territori, l’avvelenamento dei mari e delle falde acquifere, lo smaltimento delle scorie radioattive, la scarsità delle derrate alimentari e l’insostenibilità dei costi sanitari in paesi e regioni povere e degradate ? La soluzione non sta nella polvere da sparo ma nella condivisione di problemi e prospettive. La condivisione transita nelle menti e queste vanno spinte ad accettare soluzioni che solo il virtuale può alimentare continuamente attraverso strumenti sempre più perfezionati e sofisticati.
I giovani che sono la massa più imponente in Asia, Africa ed America Latina, che sono sempre più connessi e mentalmente più raggiungibili rispetto alle vecchie generazioni dell’America del Nord, dell’Europa e dell’ Australia sono quelli che faranno il salto verso un nuovo genere di esistenza e convivenza. Il reale, l’aspetto, ed il contatto fisico, evidentemente, non potranno mai mancare ma la loro presenza sarà considerata solo in funzione dell’essenziale.
Sembra fantascienza ma non lo è perché i cambiamenti in atto sono velocissimi e tra una trentina di anni il mondo sarà completamente diverso da ciò che conosciamo spinto da ideali in continua rincorsa, forse i primi a cadere nel vuoto.
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Gli orizzonti della nuova geopolitica. Verso il 2050
Le grandi conquiste a qualunque latitudine già si svolgono attraverso la manipolazione dei cervelli. Lo sviluppo della tecnologia, delle comunicazioni e dei mercati, attraverso i video, le immagini, le notizie vere e quelle false, la politica, la finanza sempre più in pillole e i bombardamenti mediatici a ogni livello rappresentano l’espressione del tarlo che lentamente si sviluppa, condiziona, convince e sottomette. I giovani sono più influenzabili e gran parte di essi occupa le terre a lento sviluppo economico. Come reagiranno in futuro davanti allo sviluppo economico e tecnologico del mondo benestante? Il potere della propaganda determinerà la metamorfosi della società cambiando valori ed espressioni, conflitti e poteri della contemporaneità. La geopolitica del passato dovrà necessariamente correggere stili, metodi e tecniche di difesa e di conquista.
Prof. Gianfranco Lizza, author